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di servizi di pubblica utilità nella società dell'informazione.“
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Commissione Europea - Rappresentanza in Italia

CONFERENZA INFOCIVICA

E' POSSIBILE COSTRUIRE UNA TELEVISIONE PUBBLICA EUROPEA?
Problemi e prospettive dopo il Trattato di Lisbona

PRIX ITALIA 2009
61.ma edizione


RAI SALA MUSEO DELLA RADIO E DELLA TV
Via Verdi 16 TORINO

Torino, 24 settembre 2009
09:30-12.30

 

La riflessione che ci siamo proposti di avviare con la Conferenza

Nel 1983-84 quando la Commissione Europea pubblicò il Libro Verde sulla televisione in Europa, si escluse d'emblée l'idea di dar vita ad un ente radiotelevisivo pubblico europeo. L'ipotesi tramontò definitivamente quando - dopo le promettenti sperimentazioni di cooperazione europea avviate nel 1983 da alcuni pubcaster europei fra cui l’olandese NOS e la Rai con il progetto Eurikon - cessarono definitivamente i programmi di Europa TV, il canale televisivo paneuropeo multilingue promosso nel settembre 1986 ad Hilversum. Il tramonto dei primi progetti di tv paneuropea non impedì cinque anni dopo la stesura del Libro Verde della Commissione Europea, di approvare la prima Direttiva sulla Televisione senza frontiere che disciplinerà la fine della televisione regolamentata esclusivamente in ambito nazionale. In quel contesto, mentre cadeva il Muro di Berlino, alcune personalità come Massimo Fichera non si scoraggiarono di fronte a questi primi fallimenti, e, riprendendo in mano il progetto Olympus dell'Agenzia Spaziale Europea e riallocando la destinazione del trasponder del satellite a diffusione diretta a copertura paneuropea, promossero nel 1990 un secondo tentativo destinato a non migliore sorte, il canale RaiSat, che durante i campionati mondiali di calcio sperimentò per la prima volta le trasmissioni televisive ad alta definizione in tecnologia digitale, mentre in seno all'UER proseguivano la propria battaglia per superare la dimensione nazionale preparando il progetto Euronews.

Rai Sat fallì probabilmente perché troppo precursore nei tempi (in Francia qualcuno la definì ironicamente la nuova Radio Londra). Ma, grazie all'impegno testardo di Fichera e alle alleanze che riuscì a costruirsi in seno all’UER, la nuova Europa del Mercato Unico europeo dispose dal 1993 di uno strumento di comunicazione - sia pure di nicchia - come Euronews, di cui molte Cassandre prevedevano la scomparsa. Contemporaneamente nel settore della fiction venne avviato un altro consorzio, l’European Coproduction Association con il determinante concorso di Channel Four. I risultati furono poco incoraggianti ma i singoli broadcaster europei (in grave ritardo rispetto al Regno Unito che grazie a Michael Grade favorì la nascita delle case di produzione indipendenti, le cosiddette Indies) presero coscienza dell'importanza dell'industria della fiction, considerandola un fattore critico di successo dei servizi pubblici nella loro competizione sugli ascolti con i broadcaster commerciali, prevalentemente importatori di fiction seriale proveniente da Oltre Oceano (non solo di Dallas ma anche di telenovelas).

Il processo di costruzione di un'Europa dell'Informazione da quel momento si è fermato lì. Il programma E-Europe e la nuova Direzione Information Society, nonostante le aspettative di Lisbona, non hanno raggiunto i risultati attesi, mentre la deregulation delle telecomunicazioni, completatasi alla fine degli anni Novanta, ha creato solo nuovi grandi attori privati destinati ad incidere nell’universo della comunicazione. La coscienza europeista dei cittadini deve ancora crescere. L’Europa a 27 deve combattere l’euroscetticismo e le tendenze xenofobe anche attraverso appropriate campagne informative che ricorrano ai più moderni strumenti di comunicazione. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un fenomeno di crescita inversamente proporzionale fra processo di allargamento dell'Unione e fornitura di servizi informativi e culturali sulla nuova Europa. Se da un lato si è affermata l'Europa della generazione Erasmus e del low cost che ha spianato i voli senza frontiere, non si è ancora realizzata una televisione pubblica senza frontiere. Le esperienze avviate negli anni Sessanta come Giochi Senza Frontiere e il Festival della Canzone dell'Eurovisione incisero nella formazione di una coscienza europeistica popolare nelle generazioni di allora. Oggi sono necessari strumenti diversi per comunicare con l’intera collettività e non solo con le élite che dispongono di abbondanti e sofisticati strumenti informativi di nicchia. Occorre trovare il modo di comunicare con i cittadini europei in modo chiaro, semplice e diretto per rilanciare i principi su cui si basano le Istituzioni Europee, facendo loro capire i benefici di iniziative di interesse comune come l’introduzione dell’Euro o del Mercato Unico.

La proposta di Infocivica per la Conferenza

Proprio per questo riteniamo valida più che mai per l’Europa la proposta di Infocivica di dar vita ad un autentico servizio pubblico europeo capace di rivolgersi a tutti i cittadini europei dall’Atlantico agli Urali, sapendo calarsi nelle loro coscienze e nelle tradizioni dei singoli Paesi membri e soprattutto delle regioni che compongono l’Europa.

In questa conferenza il panel di esperti che abbiamo invitato ha iniziato a formulare una risposta ai seguenti interrogativi:

a) ha senso oppure no parlare di un servizio pubblico a dimensione europea?
b) che cosa implicherebbe per gli attuali servizi pubblici nazionali - sotto il profilo tecnologico, dell’offerta, delle risorse e delle regole di governance – realizzare un tale servizio pubblico europeo e che cosa implicherebbe invece rinunciare a farlo?
c) a fronte delle joint-venture che vedono la luce fra gestori e operatori privati nelle comunicazioni elettroniche a distanza, che significato strategico rivestirebbe un'alleanza fra i grandi broadcaster pubblici del vecchio continente?
d) nel nuovo scenario delle comunicazioni globali è opportuno mantenere quel carattere di sistema misto pubblico-privato che ha caratterizzato storicamente sul piano nazionale il vecchio Continente contraddistinguendolo dal modello americano?

L’obiettivo di questa conferenza - e di quelle che ci auguriamo seguiranno - è quello di analizzare le tendenze nel futuro non immediato, verificando se, per i servizi pubblici, in questo momento di crisi che duramente li colpisce, non sia necessario andare in controtendenza, ovvero si renda plausibile l’ipotesi di promuovere investimenti strategici a redditività differita, con ricadute solo nel medio lungo termine, e di avviare un New Deal dei servizi pubblici o qualcosa di simile ad un Piano Europeo della Comunicazione, che consenta davvero di adeguare la loro offerta al nuovo scenario del mercato delle comunicazioni in Europa. Questo, con la consapevolezza peraltro, che i pubcaster potranno fare passi avanti significativi in questa direzione se ripartirà contemporaneamente il processo di Unità Politica dell'Europa avviato nel 1985 con l’approvazione a Milano del Progetto di Trattato dell’Unione Europea, da cui nacque l’anno successivo il consorzio pubblico Europa Tv. Naturalmente, un sistema europeo misto della comunicazione deve essere realizzato secondo modalità diverse da quelle adottate per la CECA negli anni Cinquanta, per il Mercato Comune Europeo due decenni dopo, o, più recentemente per il Trattato di Maastricht. Al contrario, dovrà essere progettato in modo da assicurare un rapporto diretto con i cittadini, anche attraverso le reti a banda larga di nuova generazione.

Oggi la comunicazione investe direttamente l'esistenza stessa delle istituzioni e la legittimità democratica della loro funzione in una società sempre più esposta alle spinte della globalizzazione e agli effetti di ritorno che essa produce nelle diverse e variegate realtà territoriali socio economiche, linguistiche e culturali che caratterizzano la nuova Europa. I media sono ormai parte integrante della nuova Polis. Il concetto di servizio pubblico si deve pertanto adeguare alla nuova statualità e dimensione "locale e globale" venutasi a creare con la devolution e la crisi della centralità assoluta dei vecchi Stati nazionali. Nel Trattato di Lisbona – la cui approvazione è attesa per la fine dell’anno (referendum irlandese permettendo) - è inserito un protocollo ad hoc che riconosce l’importanza nell’Unione dei “servizi d’interesse generale”, in altri termini dei servizi pubblici, ivi incluso, naturalmente anche se non espressamente menzionato, quello radiotelevisivo. Da quel giorno la strada sarà finalmente aperta per la nascita del/dei media di servizio pubblico europeo. E ciò senza dimenticare che il rilancio del processo di costruzione europea può anche ripartire dalle "cooperazioni rafforzate" previste dal Trattato di Nizza. Facciamo di quelle fra i broadcaster pubblici europei, e della loro cooperazione per dar vita ad un servizio pubblico europeo, un grande asset strategico per la creazione di valore pubblico per l’Europa nella nascente società dell’informazione, e per evitare che gli uni e gli altri organismi nazionali si riducano a soggetti se non marginali comunque destinati ad un lento, inesorabile declino.