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DOSSIER SUL SEMINARIO DI AMALFI ( 15-16 settembre 2000)

Tv e comunicazione di pubblica utilità/1

Rivista Italiana di comunicazione pubblica, II (6) dicembre 2000, pp. XXX-XXX

L'UTILITA' DI UN DIBATTITO

Stefano Rolando

Il contributo personalmente dato al colloquio di Amalfi costituisce una sintesi di temi e problematiche ricorrenti da due anni sulle pagine di questa Rivista. Pertanto non considero utile riprendere in questa sede il testo della riflessione, apprezzando molto l'opzione fatta da Bruno Somalvico di scegliere la Rivista per dare conoscenza dei materiali lì prodotti.

Scrissi in un paragrafo del libro Un Paese spiegabile , nel 1998, a proposito dello sviluppo della comunicazione pubblica, “impossibile senza la TV”.

Certamente la forte crescita di Internet ha creato un circuito veicolare di messaggi e servizi che offre ormai un'opportunità irrinunciabile per la relazione “utile” tra istituzioni e cittadini. Tuttavia il sistema radiotelevisivo – nella sua complessità di programmi , informazioni, fiction, connessione con i nuovi format e i nuovi media – esprime una tale capillarità di fruizione sociale e di incidenza sulla formazione dell'opinione pubblica da rendere ineludibile la riflessione sul rapporto con ciò che chiamiamo “comunicazione di pubblica utilità ”.

Si registra un costante imbarazzo delle aziende radiotelevisive in particolare pubbliche, in Europa, ad affrontare con chiarezza questo tema. Perché parlare di “servizio” è da una parte un'ovvietà, un compito istituzionale, una vocazione naturale di un segmento della programmazione (quello che soprattutto giustifica l'esistenza del canone di abbonamento obbligatorio). Ma questo accenno viene anche interpretato come un rischio, rischio di ghettizzazione della missione complessiva dei servizi pubblici radiotelevisivi, in ordine ad un complesso di tendenze produttive e distributive senza cui non ci sarebbero le necessarie audience e, di conseguenza, verrebbero meno anche i compiti “di servizio”. Da qui una certa reticenza a dare sviluppo strategico a questo settore.

Ecco perché ha rilievo la discussione su questo raccordo; per liberare questo dibattito dalla fragilità della prospettiva del “rischio politico” e per connetterlo al tema dei raccordi strategici tra politiche culturali e educative sull'identità e sullo sviluppo che sono materia preziosa non solo per la politica e le istituzioni, ma anche per le imprese e per il mercato.

Accanto a questo tema vi è quello, oltretutto importante, della sperimentazione delle nuove opportunità creative e distributive offerte dallo sviluppo tecnologico della multimedialità che anche in Italia cominciano ad affiorare. La tematica offre cioè spazi che possono integrarsi alla problematica del “ servizio” senza cancellare naturalmente le opportunità che provengono da una concezione moderna e complessa del generalismo radiotelevisivo.

In terzo luogo vi è il problema del raccordo tra globalizzazione, dimensione nazionale e dimensi one territoriale che – anche riguardo al problema qui in esame – offre piste nuove, spazi di cooperazione pubblico-privato, sperimentazione di modalità produttive e diffusione all'altezza di un problema di crescente importanza: le identità sono sempre meno conflittuali e sempre più integrabili e compresenti.

A patto che si lavori, con gli strumenti più adatti, per tale interpretazione e per tale compresenza.