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RELAZIONE COMPLEMENTARE - Michele Sorice
LA PROPOSTA DI INFOCIVICA AL GRUPPO DI TORINO
Bruno Somalvico
REPLICHE RELATORI
CONCLUSIONI

INFOCIVICA - IDENTITA' E DIVERSITA' DELL'EUROPA
1° seminario di approfondimento. La trasformazione della società, la domanda e la nuova missione dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione e della conoscenza
Torino Prix Italia – 21 settembre 2010

DIBATTITO E REPLICHE DEI RELATORI


Sintesi in tempo reale:

Prima delle repliche è intervenuto con un breve saluto Italo Moscati il quale, nei giorni scorsi qui al Prix Italia, ha presentato il suo documentario Concerto Italiano. Italo Moscati ha suggerito come cosa utilissima una storia del paese attraverso l'analisi delle teche della televisione pubblica, sul modo di fare televisione negli anni.

E' seguito l'intervento di Emilio D’Orazio, direttore di Politeia. Un po’ da filosofo D’Orazio, riagganciandosi al rapporto del professor Michele Sorice, chiede - e chiede - se un tema così importante come la missione del servizio pubblico, non implichi la risposta a domande più radicali che stanno a monte e che appartengono alla filosofia politica. Tanto più che tutti i relatori hanno introdotto nei loro interventi il concetto di valore. I valori quindi andrebbero maggiormente sviluppati e messi alla base di tutto il lavoro che dovrà svolgere il Gruppo Europeo di Torino. Emilio D'Orazio ha anche notato il rilevo che tutti gli intervenuti hanno dato agli Stakeholder. Concludendo come effettivamente in questo panorama servizio pubblico e privato tendono spesso a sovrapporsi.

Seguono quindi le repliche dei rappresentanti del Gruppo Europeo di Torino:

Enrique Bustamante Ramirez legge un filo conduttore in tutti i paesi che sono intervenuti. Il problema della qualità dei contenuti così come quella tecnologica sono problemi comuni. Invita ad essere critici nei confronti delle direttive della Commissione Europea. Soprattutto quelle che partono dalle lobby private e che stanno accanendosi contro il servizio pubblico appesantendolo con norme e limiti soffocanti. Dobbiamo essere piuttosto pronti a rispondere alle richieste del pubblico della Comunità Europea.

Francisco Rui Càdima: è interessante far collaborare tutti i membri del Gruppo Europeo di Torino come una rete. Con contatti regolari via internet. Ogni membro dovrebbe mandare regolarmente informazioni, studi, informazioni su quello che succede in ogni paese, decreti, norme ecc. Ma anche piccole relazioni per sintetizzare la situazione. A questo proposito propone di aprire un Forum sul sito di Infocivica. Un vero e proprio osservatorio della Televisione Pubblica Europea.

Matthew Hibberd: due piccoli commenti. Innanzi tutto riferendosi al titolo del seminario: ritiene sia fondamentale comprendere il contesto sociale. Per riplasmare qualsiasi media di servizio pubblico è fondamentale comprendere come la società cambia e come riplasma se stessa. La grande possibilità di interazione è una forma di democratizzazione a cui inevitabilmente stiamo assistendo.

Beata Klinkiewicz: per rispondere alla domanda su quale sia la missione della crossmiedialità, è necessario considerare i valori dei servizi pubblici riconsiderandoli con quanto sta avvenendo a livello sociale oltre che tecnologico. Dalla frammentazione sociale all’evoluzione tecnologica. Dovremmo anche chiederci se i cambiamenti tecnologici e le nuove sfide economiche rendano differente l’accesso ai nuovi media, come sembra. Probabilmente varrebbe la pena prendere in considerazione altre prospettive: di paesi non europei.

Pierre Musso: da trent’anni viviamo una deregulation, bisogno quindi pensare ad una nuova radicale regolamentazione della mission di servizio pubblico. Abbiamo perso il senso anche perché nel corso di trent’anni la situazione è cambiata radicalmente. La televisione non è scomparsa. Dobbiamo pensare non in termine di sostituzione dei media, ma di evoluzione. L’Europa dovrebbe produrre programmi di spessore. Ci sono poi le questioni dell’accesso non discriminatorio e della formazione degli utenti

Giuseppe Richeri: se volgiamo portare risultati innovativi dobbiamo sforzarci di superare l’idea di televisione pubblica che ha dominato fin’ora. Non in senso pedagogico, quindi, che mi senbra un concetto superato. È anche rischioso pensare che sia necessario il peso che il broadcasting pubblico ha avuto fin’ora nella rete, che è realtà totalmente differente. Infine, gli economisti ci offrono un concetto per noi funzionale, quello del fallimento del mercato: l’intervento pubblico è rilevante là dove il mercato fallisce. Noi nei confronti dei media siamo di fronte ad una situazione di questo tipo perché i media privati non sono in grado di fornire contenuti di interesse pubblico. Dovremmo entrare in una logica diversa: cercare di formare un servizio pubblico che fornisca contenuti di interesse collettivo che il privato non è in grado di fornire. Non quindi un servizio pubblico che costruisca un palinsesto con logica da media privato. Per questo la pubblicità non deve essere così determinante nella televisione pubblica.

Roberto Suarez Candel: i valori che stanno dietro le scelte di ogni paese sono la ragione della diversità fra i nostri paesi. La domanda è fino a che punto dobbiamo contribuire a questo dibattito o modificarlo. Il problema è proprio essere ascoltati. Allora perché non parlare direttamente alle emittenti? Al pubblico ? Bisogna cambiare la relazione fra servizio pubblico e pubblico.

Michele Sorice: da qualche anno abbiamo sottoposto alle regole del mercato beni che non pensavamo contrattualizzabili come ad esempio l’acqua. Questa trasformazione investe anche altri ambiti. La comunicazione nello spazio pubblico delle società mediatizzate è un bene essenziale, da qui la centralità del servizio pubblico come accesso alle forme della comunicazione. Ciò che rende tutto complesso è che a monte c’è il dibattito sulla società e sulla società del futuro dopo il crollo dei sistemi comunisti e liberisti.

Philip Schesinger: pensando al futuro delle telecomunicazioni di servizio pubblico è vero che tutti sono coinvolti, ma pochi hanno modo di intervenire. Questo perché la partecipazione dei singoli alla costruzione dei nuovi media è diventata complessa. Nel tentativo di cambiare la natura del dibattito a livello europeo bisogna essere consapevoli della difficoltà di avere un’influenza reale e operativa. C’è però una possibilità di fare qualcosa di nuovo. Dobbiamo essere realisti e consapevoli. Tutti sono d’accordo sul fatto che la comunicazione deve essere un fattore democratico, al di là delle differenze fra i singoli paesi. Dinanzi ad una situazione sempre più complessa, abbiamo messo insieme i pezzi del puzzle, ma non abbiamo ancora il quadro globale. C’è una tendenza generale a un oligopolio nei confronto delle comunicazioni.

 

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