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INFOCIVICA - IDENTITA' E DIVERSITA' DELL'EUROPA
1° seminario di approfondimento. La trasformazione della società, la domanda e la nuova missione dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione e della conoscenza
Torino Prix Italia – 21 settembre 2010

IL QUADRO EUROPEO - SPAGNA

Enrique Bustamante Ramirez

Professore di Comunicazione Audiovisiva e pubblicità all’Università Complutense di Madrid, già membro del Consiglio per la Riforma dei mezzi di comunicazione di titolarità statale, 2004-2005

Sintesi in tempo reale.

Il professor Bustamante ha preso in esame le missioni attualmente assegnate ai servizi pubblici nei principali Paesi europei, partendo con il caso spagnolo dove coabitano un servizio pubblico statale con l'esperienza delle televisioni pubbliche delle Comunità Autonome regionali e di alcune emittenti pubbliche esistenti in ambito locale.

Secondo Bustamante la riforma del Servizio pubblico RTVE, intrapresa dal Governo spagnolo di Rodríguez Zapatero tra il 2005 e il 2007, ha significato un salto qualitativo. Sia in relazione all'autonomia editoriale rispetto al potere politico, sia per per quanto riguarda il suo risanamento finanziario e la definizione della mission della tv analogica e di quella digitale. Tuttavia in ambito regionale, la competenza esclusiva dei Governi autonomi ha determinato percorsi diversi. Non solo: l’importazione nel 2009 del modello Sarkozy con il divieto dal 2010 di finanziamento pubblicitario alla televisione pubblica, ha comportato requisiti e limitazioni rigorosi per il servizio pubblico statale in parallelo con una profonda deregolamentazione nel settore privato.

Il risultato è che il passaggio al digitale si è tradotto con un forte impoverimento del servizio pubblico da una parte, dall’altra con la crescita di due grandi gruppi privati, Telecinco e Antenna3TV che si avviano a costituire un duopolio nel mercato pubblicitario e un gruppo di reti secondarie private. In un’alleanza pericolosa dello Stato con le associazioni patronali europee dei mezzi di comunicazione. Il colmo è che i gruppi privati che hanno di fatto in mano il passaggio al digitale stanno praticamente chiedendo loro un sostegno pubblico alla Commissione Europea e al Governo Spagnolo. Fondamentale a questo punto è recuperare e rivalutare il ruolo del servizio pubblico.

Continua la sintesi in tempo reale

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Scaletta seguita dal prof Enrique Bustamante nel suo intervento:

Il caso spagnolo: tra servizio pubblico statale e Comunità Autonome

La riforma del Servizio pubblico RTVE, intrapresa dal Governo spagnolo di Rodríguez Zapatero tra il 2005 e il 2007, ha significato un salto qualitativo dopo i suoi cinquanta anni di storia. Sia in relazione all'autonomia editoriale rispetto al potere politico, sia per per quanto riguarda il suo risanamento finanziario e la definizione della mission della tv analogica e di quella digitale (mandati di periodi fino a nove anni, contratti programma triennali).

Tuttavia in ambito regionale, la competenza esclusiva dei Governi autonomi ha determinato percorsi diversi. Dalla riforma democratica delle radiotelevisioni pubbliche in Catalonia, in Andalucia o in Asturias, fino alla involuzione autoritaria delle emittenti di Madrid o Valencia, continuamente minacciate dalle richieste di privatizzazione. Non solo, le nuove televisioni regionali pubbliche nate a partire dal 2000 (Canarias, Murcia, Baleares, Extremadura, Asturias), hanno seguito il modello dell’autonomia, a diversi livelli di esternalizzazione, che, in alcuni casi, raggiungono la quasi totalità delle missione del servizio pubblico.

Gli ultimi due anni sono stati segnati da un profondo cambiamento di tendenza, che ha seguito tre anni di paralisi della promessa Legge Generale degli Audiovisivi e della creazione del Consiglio Audiovisuale Statale. Nel 2009, il Governo ha infatti avviato un processo legislativo, con procedure di emergenza, che da un lato ha aperto la via alla concentrazione delle reti private, nel frattempo avvia l’importazione del modello francese di Sarkozy, per modificare il modello finanziario del Gruppo RTVE, vietando a partire dal primo gennaio 2010 la pubblicità e facendo dipendere l'economia della televisione pubblica dalle tasse imposte agli operatori privati della televisione e delle telecomunicazioni.

La Legge Generale degli Audiovisivi del 2010 consolida questi due aspetti complementari della controriforma attuata dal governo socialista: requisiti e limitazioni rigorosi per il servizio pubblico statale in parallelo con una profonda deregolamentazione nel settore privato. Con licenze prolungate a 15 anni, con proroga automatica, gli operatori commerciali potranno così concentrarsi quasi senza limitazioni (fino ad otto programmi digitali e al 27% dello share), vedendo diminuire i loro obblighi di investimento nel cinema e nelle produzioni indipendenti e potendo applicare una lettura estremamente liberale delle direttive europee in materia di pubblicità.

Si verifica così un cambio di tendenza che, nel disegno generale che determina l'impianto generale della TV digitale - TDT (Aprile del 2010), rischia di lasciare un segno sullo scenario multimediale del futuro. Così mentre RTVE, nonostante la sua iniziale leadership negli ascolti, comincia a mostrare una certa difficoltà finanziaria, si profilano due grandi gruppi privati (Telecinco, di proprietà Mediaset, e Antena3 TV, controllata dall'alleanza Planeta-Agostini) che potrebbero costituire un duopolio nel mercato pubblicitario. La carenza di risorse di RTVE si vede anche nelle difficoltà ad affrontare la sua trasformazione in editore multipiattaforma di servizio pubblico per la società dell'informazione, appena cominciato, mentre le televisione regionali, con la sola eccezione di TV3 Catalogna, sono nella impossibilità di affrontare queste nuove sfide del servizio pubblico. Le conseguenze sono che l'egemonia della televisione commerciale si sta estendendo chiaramente al mondo online, con poche probabilità di concorrenza da parte del servizio pubblico.

Ad un'analisi politica, si evidenzia una difficoltà da parte dei Governi nazionali, inclusi quelli di ideologia socialista, a mantenere le loro posizioni di equilibrio pubblico-privato contro potenti lobby commerciali che approfittano della crisi economica e, pertanto, la critica generalizzata rivolta ai partiti di Governo che impongono l'egemonia del provato. Una deriva ideologica che va in parallelo al disarmo progressivo del servizio pubblico digitale condotto dalla Commissione Europea, in curiosa simbiosi con molti Stati membri.

La citata “Dichiarazione di Madrid” (4 di Giugno del 2010), ospitata dal Governo spagnolo al termine della sua Presidenza dell'Unione Europea, rappresenta un autentico manifesto in 20 punti delle più radicali rivendicazioni commerciali, in assenza totale della UER, di RTVE o della FORTA (Federazione delle Televisioni Autonome Regionali) ha messo in scena questa sacra alleanza tra lo Stato e le associazioni patronali europee dei mezzi di comunicazione, che chiedono sfacciatamente la loro egemonia assoluta sul pluralismo e sulla democrazia.

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